Gli antichi mestieri scomparsi: o’sapunaro, l’acquavitaro e lo zoccolaro

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1998

Nella rubrica degli antichi mestieri scomparsi, Gaetano Di Mauro oggi parla dell’Acquavitaro, d’o’ sapunaro e lo zoccolaro.

O’ SAPUNARO non era il venditore di sapone, ma il “ roba vecchio “, raccoglitore di abiti
smessi, cianfrusaglie e piccoli mobiletti malandati, che poi venivano rivenduti.

In cambio di ciò offriva sapone di piazza, quello molle e giallo contenuto in coni di terracotta dette “ scafaree “, parola usata anche come dispregiativo, infatti nel dialetto napoletano per definire persona molle e di poco conto la si apostrofava come scafarea.

Il saponaro si incamminava nei vicoli di Napoli con un ampio sacco appeso al collo, dove collocava gli stracci raccolti sulle spalle, borse piene di sapone; con voce modulata e ripetitiva so annunciava: “ roba vecchia, pann viecchij , ca sta o sapunariell“.

Ma quella più nota era “ca’ e pezz e ca’ o sapon “ rivendicando simultaneamente un baratto onesto. Lavorando sodo con buoni affari molti ebbero la possibilità di attrezzarsi con un carrettino trainato da un asino, e man mano divenne una vera e propria ttività commerciale, alcuni si misero ad offrire in alternativa al sapone, piatti e zuppiere ed impropriamente vennero chiamati “ piattari “.

Con questo appellativo negli anni ’50 operava un caivanese. Lo si ricorda come lavoratore
integerrimo e padre esemplare. Gli eredi aggiornatasi con un rinomato negozio di
bomboniere, sono ancora una delle poche eccellenze caivanesi.

L’ACQUAVITARO figura molto caratteristica alla fine dell’800, usciva di sera e si ritirava
verso le 10 del mattino. Portava le bottigliette di liquore disposte in bel ordine in una cassetta appesa al collo con una fascia di cuoio, la merce era rischiarata dai raggi di un lanternino piazzato ad un lato della cassetta, un piccolo imbuto gli serviva per travasare i liquori da una bottiglia all’altra. I suoi clienti erano nottambuli in particolare cocchieri assonnati e infreddoliti in attesa di qualche raro cliente.

 

 

LO ZOCCOLARO era un bravo artigiano che faceva zoccoli di tutte le taglie e misure. Lo
zoccolo era molto comodo in estate, manteneva il piede fresco ed in inverno lo difendeva
dall’ umidità. E pure fino al primo conflitto mondiale questa moderate calzature erano talvolta considerate di lusso, infatti non tutti si potevano permettere l’acquisto di un paio di zoccoli per cui erano tanti che andavano scalzi pure di inverno. Lo zoccolo fatto di stagionato legno di castagno, era anche un’arma impropria, le donne lo usavano con una perizia senza uguali, capaci di colpire un bersaglio fisso o mobile che fosse ad una distanza di quattro o cinque metri , quando si azzuffavano lo roteavano minacciosamente ed era opportuno scansarsi perché colpendosi potevano farsi male a sangue.

Erano indispensabili per le contadine e le lavatrici cittadine e per le ragazze in cerca di fidanzati, il ticchettio cadenzato veniva usato come richiamo sensuale.

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