Troppe attività commerciali chiudono: l’emergenza della crisi e le risorse non valorizzate

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CAIVANO: L’anno corrente non è un buon periodo per il commercio locale, negli ultimi mesi hanno chiuso diversi negozi, molti commercianti hanno preferito investire in luoghi diversi. C’è stato anche chi per le eccessive tasse ha dovuto necessariamente chiudere l’attività. Facendo una piccola osservazione sul territorio, sul Corso Umberto I alle 12:30 (orario di punta per tutti le attività commerciali) è stato notato un certo calo delle aperture di negozi che in genere sono aperti. Trattandosi di un giorno feriale, possiamo ipotizzare che il calo delle vendite incida molto sugli orari di lavoro scelti dai negozianti. Non di poca importanza, il caldo che nelle ultime settimane ha costretto molti cittadini ad evitare le ore afose.

Sono 153 le attività complessive sul Corso Umberto, che si dividono tra negozi di alimentari, abbigliamento, servizi e cura alla persona, elettrodomestici e casalinghi; nel conteggio sono compresi i bar, i ristoranti, le agenzie e i caf. Sono stati esclusi gli studi medici e le farmacie perché non propriamente inerenti al settore commerciale.

Nel conteggio sono state individuate le attività aperte 105, quelle chiuse 30 (non specificato il motivo), in affitto o in vendita 13, solo 3 attività hanno chiuso per ferie.

Delle trenta attività chiuse, non specificate, molte sono in questo stato da più di 4 mesi, venti in particolare, le altre dieci sono dovute a cambi di sede o ristrutturazioni.

La prospettiva complessiva sul commercio locale non sembra essere florida: se solo si pensa alla situazione tipica di un giorno infrasettimanale, ad un’ora di punta, con negozi aperti ma quasi vuoti, nasce l’ipotesi che la crisi abbia penalizzato soprattutto quest’anno il settore. Molti negozi gestori di marchi, come Alcott, Original Marines, hanno deciso di “emigrare” altrove. Dovremmo chiederci come mai accade tutto questo. La crisi economica ha un peso fondamentale, ma nella gestione quotidiana delle attività commerciali sussiste anche una certa responsabilità da parte del proprietario del negozio a far sì che le persone possano sentirsi ispirate all’acquisto. Se è vero che con lo sviluppo dei centri commerciali a pochi passi, i cittadini sono portati a fare compere in questi grossi agglomerati dove la possibilità di scelta è molto elevata, rispetto ai pochi negozi del paese, è anche vero che le scelte nascono da alcuni condizionamenti psicologici. Attualmente qualsiasi negozio che adotta una politica improntata sul marketing sa che deve rendere “sensazionale” un acquisto, cercando di investire su nuovi sistemi di comunicazione (verbale e non verbale) che definiscono le regole della vendita.

Dalla cura dell’estetica del negozio, dalla scelta di alcuni colori rispetto ad altri, dalla possibilità di fare promozioni e sconti particolari. D’altronde, non dimentichiamo come l’amministrazione comunale precedente non abbia investito una minima risorsa nella valorizzazione del territorio dal punto di vista commerciale, non ci sono stati eventi particolari che abbiano messo in luce le attività locali. Eventi sporadici natalizi hanno dato spazio a delle associazioni di artigianato o a qualche produttore locale, ma pochi sono stati i negozi che hanno potuto scendere in campo. Si potrebbero mettere in moto molte iniziative al riguardo, ovviamente ci si aspetta che la nuova amministrazione possa dare segno di discontinuità dal passato.

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