Caso Raffaele Arcella, sorgono nuove considerazioni sul decesso del giovane

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Si è svolta oggi, presso il Tribunale di Nola, l’ultima udienza di primo grado a carico del dottor Stefano Cristiano, coinvolto nel processo che ha visto la morte di Raffaele Arcella. 

Tra le conclusioni della difesa dalla parte civile della famiglia Arcella, e i difensori degli imputatati Stefano Cristiano e Carmine Casillo, sono emerse alcune considerazioni.

L’avvocato Fernando Maria Pellino, difensore di parte civile ha ricalcato le argomentazioni sostenute dalla procura, ovvero che la causa della morte del povero Raffale Arcella sia ascrivibile all’imperizia del chirurgo Cristiano Stefano, ovvero a causa di un errore tecnico consistente nella circostanza di aver lasciato nella trancia gastrica del giovane, l’estremità di una sonda, da qui un’infezione che ha causato lo shock settico. Il dottor Cristiano è stato accusato anche di imperizia nel gestire i dati che facevano rilevare tale infezione in atto (rialzo costante febbrile a 39 gradi) nel somministrare del cortisone che copriva semplicemente l’effetto dell’infezione e nel non aver mai effettuato una tac, che avrebbe evidenziato la presenza del corpo estraneo nello stomaco di Raffaele Arcella. Al contrario, all’epoca dei fatti, fu invece effettuata una sola radiografia all’addome. 

La difesa dell’imputato, nella fattispecie l’avvocato Claudio D’ Avino, ha fatto invece riferimento alla tesi del perito Del Giudice, il quale ha ritenuto che le cause della morte siano ascrivibili sì allo shock settico, che però non deriverebbe dall’ogiva lasciata così come sopra descritto, ma da una complicanza quasi ordinaria a seguito di questi interventi chirurgici e che la causa della morte sarebbe addebitabile al riposizionamento, durante il ricovero del povero Arcella al Policlinico di Napoli, del cosiddetto sondino naso-gastrico. L’assunto difensivo poggia le basi sulle conclusioni dei periti del giudice, il chirurgo bariatico il professore Angrisani ed il medico legale Lombardi.

“Sul punto si impone una considerazione – ha sostenuto il legale Fernando Maria Pellino -la perizia dei predetti professionisti si spinge addirittura nel negare che l’infezione sia stata causata dalla presenza dell’ogiva nello stomaco del povero Raffaele per circa 15 giorni, ed appare davvero singolare tale circostanza in quanto il giudice avrebbe nominato due consulenti, ovvero due periti campani, in stretto rapporto con l’imputato. Il professore Angrisani, soprattutto, si occupa di chirurgia bariatrica e più volte si è trovato a stretto contatto con il Cristiano come collega, nelle stesse strutture ospedaliere e nelle stesse équipe. Il giudice probabilmente bene avrebbe fatto se avesse conferito l’incarico a due specialisti del Nord o comunque lontani dagli ambienti sanitari campani per ragioni di opportunità”.

La prossima udienza è fissata il 5 novembre dove il giudice Zingales emetterà la sentenza. Intanto, presi dallo sconforto e dal dolore, la famiglia Arcella non né può più di questo svilimento delle colpe, con la speranza che per Raffaele sia fatta davvero giustizia. 

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