Indagine sulla morte di Antonio Natale, trovato il cellulare e la patente nel bunker dei Bervicato

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In foto, Antonio Natale

Iniziano ad emergere i primi dettagli sull’agghiacciante vicenda riguardante la morte del giovane Antonio Natale. Nel corso degli ultimi mesi, l’assedio alla baraccopoli della droga è stato efficace. Per diverse settimane sono stati effettuati numerosi blitz da parte dei Carabinieri della Tenenza locale, guidati dal tenente Antonio La Motta, che hanno permesso di scoprire il “covo” dei pusher.

Un vero business guidato dalla famiglia Bervicato

Innanzitutto, è stato scoperto un vero business sul traffico di droga guidato dalla famiglia Bervicato. Un’organizzazione capillare che al primo posto ha visto la spartiazione dei proventi tra i diversi “capi-clan” delle piazze spaccio ad essi associati. Dalle indagini, sono scaturiti arresti in flagranza, sequestri e denunce, nonché una serie di elementi indiziari che hanno consentito la cattura (a seguito di un’ordinanza di custodia cautelare) di alcuni esponenti di spicco dell’organizzazione criminale.

Gli antefatti

Dal bunker dei Bervicato, presente nelle cosidette “case a mattoni”, sono emersi degli elementi che iniziano a far luce sulla morte di Antonio Natale. Sono stati trovati, infatti, dei documenti intestati al giovane.

Seguendo i retroscena, dopo che i parenti di Antonio lo hanno denunciato alle forze dell’ordine per spaccio di droga a favore dei Bervicato, sono scattati i primi sequestri.

Tra gli interventi dei carabinieri, quello del 5 settembre scorso, ricordiamo quello determinante ai fini delle indagini, ovvero quando i militari sono sopraggiunti nell’appartamento sospetto e hanno trovato un vero laboratorio di droga, con tanto di impianto di videosorveglianza in alta definizione.

Relazione degli inquirenti, a seguito delle indagini:

«Sul top in marmo veniva raccolta la sostanza stupefacenti di tipo cocaina del peso complessivo lordo di 0,14 grammi, la somma contante in monete di 10 euro, un telefono di marco Apple modello iPhone 12 con all’interno una sim card Tim intestata ad Anna Alboretti, madre di Antonio Natale, la patente di guida custodita nella cover intestata ad Antonio Natale, nonché un bilancino elettronico intriso di sostanza stupefacenti di tipo cocaina e un paio di forbici. Se ne ricava che le operazioni di taglio e confenzionamento venivano quindi eseguite monitorando costantemente il monitor lì posizionato al fine di segnalare prontamente le forze di polizia.

Proprio il 5 settembre, la perquisizione fu estesa anche ad altri locali dell’immobile e le forze dell’ordine, oltre a varie dosi di droga, trovarono la patente di guida intestato a Giovanni Bervicato, presunto capopiazza.

Alla luce di questi elementi, gli investigatori hanno potuto elaborare una prima ipotesi circa la presenza degli oggetti personali di Antonio Natale all’interno del bunker dei Bervicato.

Una prima idea è che il giovane, il giorno del 5 settembre, sia scappato insieme ad altri compici prima del blitz, e che sarebbe stato solo successivamente coinvolto un mese dopo in una faida, perdendo la vita a colpi di pistola sparati da un killer o più killer senza pietà. Attualmente, l’unico sospetto indagato resta il 20enne Domenico Berivicato.

 

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