A 40 anni dalla morte del generale Dalla Chiesa, si ricorda anche l’uomo della scorta

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A 40 anni dalla morte per mano della mafia del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, ucciso da Cosa nostra il 3 settembre 1982 in via Isidoro Carini a Palermo, in un attentato nel quale persero la vita anche la moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente di scorta Domenico Russo anche Caivano è pronta al ricordo con una Messa al Parco Verde, domani alle ore 19.

A volere questa Messa è stato il cugino dell’agente di scorta morto nell’agguato, Giuseppe Toraldo che è di Caivano e frequenta la parrocchia di Don Maurizio Patriciello.

Mimì, come era chiamato, aveva trentadue anni. Lavorava in Prefettura a Palermo già da qualche anno. Era nato a Santa Maria Capua Vetere il 27 dicembre del 1950. Era sposato con una ragazza siciliana, Filomena, detta Fina da cui aveva avuto due figli, Dino e Toni. Era orgoglioso di sua moglie e si notò sin da quando, ancora giovane carabiniere era  Palermo e portò a casa la fidanzata siciliana per farla conoscere ai parenti.

Quella sera Mimì seguiva con la sua Alfetta nelle strade di Palermo la A 112 del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, il nuovo prefetto, insieme alla giovane moglie, Emanuela Setti Carraro, trentadue anni, che aveva deciso di uscire per andare a cena. Erano pochi i momenti intimi vissuti in quei mesi concitati nella lotte contro la mafia. Era stato fatto tutto cosi in fretta. Carlo Alberto nominato prefetto di Palermo il 30 aprile del 1982.  Emanuela quella sera lo voleva tutto per sè il generale. Tanto che si mise a guidare l’auto, come per dire: Stasera esisto solo io. Era una delle poche volta che poteva godersi il marito. Normalmente le sue giornate il prefetto le cominciava elle sette del mattino e le finiva dopo la mezzanotte.

Domenico RussoMimi, faceva da autista e da scorta al generale. Era l’unico agente di scorta perchè all’epoca non esisteva un servizio come quello di adesso. E l’auto non era nemmeno blindata. Uscirono da villa Whitaker, dov’è ospitata la prefettura. Attorno alle  ventuno. Dietro di loro si avviarono anche due auto e una moto. Una Bmw, una Fiat 132 e una moto Suzuki. In quelle macchine c’erano gli uomini che alcuni minuti dopo li massacreranno a colpi di mitra. Alle ventuno e quindici  in via lsidoro Carini, i sicari si materializzano. Affiancarono la A112 con dentro il generale e la moglie e un’altra  affiancò l’ Alfetta guidata da Domenico Russo. I kalashnikov cominciano a crepitare. Emanuela fu colpita per prima. L’auto sbanda. Finisce la corsa vicino ad un marciapiede. Per lei e per il generale non c’è più niente da fare.

Anche per Mimì, sventagliate di kalashnikov. Piovono proiettili. Per lui entra in azione la motocicletta che, secondo i pentiti, era guidata da Pino Greco, detto Scarpuzzedda. La sua auto va a sbattere dietro la A112 con dentro i corpi del generale e della moglie. Mimì scende dall’auto per difendere il prefetto e la giovane consorte. Si rende subito conto che il gruppo di fuoco era troppo numeroso e con la sua pistola d’ordinanza avrebbe potuto fare ben poco. Nonostante ciò, non esitò a sparare e a cercare di fermare i killer.

Non resistette a lungo. Non si contavano i colpi esplosi in un brevissimo lasso di tempo, poi la fuga dei killer che partono a tutta velocità.

Ma Mimì non era  morto, era  ferito gravemente. Trasportato in ospedale, i medici lo dichiareranno clinicamente morto. Morirà dopo 12 giorni di agonia.

Onorificenze e omaggi

La famiglia dopo la targa scoperta alla questura di Santa Maria Capua Vetere

Domenico Russo venne insignito della medaglia d’oro al valor civile:

«Di scorta automontata per il servizio di sicurezza ad eminente personalítà, assolveva al proprio compito con sprezzo del pericolo e profonda abnegazione. Proditoriamente fatto segno a numerosi colpi d’arma da fuoco esplosi a distanza ravvicinata da parte di alcuni appartenenti a cosche mafiose, tentava di reagire al fuoco degli aggressori nell’estremo eroico tentativo di fronteggiare i criminali, immolando così la vita nell’adempimento del dovere. Palermo, 3 settembre 1982..»

Allo stesso carabiniere è stata intitolata una strada sia a Palermo (luogo dell’uccisione), a Santa Maria Capua Vetere (luogo di nascita) e San tammaro (luogo di residenza dei parenti). Inoltre è ricordato ogni anno il 21 marzo nella Giornata della Memoria e dell’Impegno di Libera, la rete di associazioni contro le mafie, che in questa data legge il lungo elenco dei nomi delle vittime di mafia e fenomeni mafiosi.

Il 15 settembre 2017 nel trentacinquesimo anniversario dell’evento, la Polizia di Stato e l’Associazione Nazionale Polizia di Stato hanno intitolato a Domenico Russo un’ala del Commissariato di P.S. Santa Maria Capua Vetere, sua terra di origine. La cerimonia si è svolta alla presenza dei familiari dell’agente ucciso. Sono intervenuti, tra gli altri, il Questore di Caserta Antonio Borrelli e il Prefetto di Caserta Raffaele Ruberto.

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